Lettera di un ventenne alla Sinistra

Per inaugurare lo "Scrittoio", pubblichiamo questa lettera scritta dall'autore di questo spazio e accolta nelle pagine del settimanale "Left", uscito in edicola il 14/02/2015.

 

Carissimi tutti,

ci si rincontra ancora. C'è il pubblico delle grandi occasioni, tutto riunito per stare a vedere questa strana cosa successa in Grecia. "Fare come in Grecia". E mi si gela il sangue, perchè a dirlo è una voce nota, già vista, già sentita. Una delle "nostre", certo, ma in questo momento la sento stonare. Mi chiedo se, come dicono in molti, ci servirebbe uno Tsipras italiano. Scuoto la testa, non un volto mi corre in aiuto. Ma forse è sbagliato inseguire una storia diversa dalla propria. Forse dobbiamo vederci, guardarci, qui, noi, ora, dalla punta dei piedi alla testa. Guardarci e capirci. Forse allora si smetterebbe di cercare l'eroe mitologico, il Teseo senza macchia e senza paura, il nostro valoroso combattente. Alla fine, se ben ricordo, anche Teseo abbandonò Arianna. Non vale la pena costruirsi miti scintillanti, basta un filo di vento per spazzarli via. Diffidiamo di chi ci addita l'uomo giusto: non ha capito nulla, vuole uno sfogo, immediato, vuole la strada più semplice.

Qui da noi, però, la strada più semplice non riesco a vederla. Sarebbe bello, sì, sono d'accordo. Ma a ben guardare neanche quella del nostro amico greco è stata una strada semplice, sono stati anni di laboratorio sociale e politico. Anni. Quindi ricominciamo a respirare, piano, a darci il giusto tempo.

Allora la voce nota, che ritorna, potrà farsi da parte. Deve farsi da parte. Vi prego, non ci servono più i vostri appelli sacrosanti, le vostre "assemblee" dove le voci scendono solo dal palco. Vi abbiamo ascoltato, anche noi giovani, abbastanza. Ora avremmo qualcosa da dire, ma diventa difficile con tutto il vostro rumore. Diventa difficile se non riuscite, neanche per un attimo, a fare un passo indietro. A cedere qualche volta la parola a noi: siamo pronti, fidatevi.

In questo momento, non ci servono le vostre parole. Le avete già usate, tutte, troppo. Avete una sola speranza, per ridargli vita: affidarle a noi, vederle crescere nei nostri discorsi, nelle discussioni.

Ecco il punto: dateci fiducia.

Vi ringrazio, davvero, tutti, per come vi siete spesi, per ciò che avete potuto fare e per ciò che avete tentato di fare. Ma adesso ci serve un momento per noi, per ritrovarci insieme.

Non sono stato, nei giorni scorsi, ad Human Factor. Forse mi sarebbe piaciuto, ma non credo. Ho letto il programma e mi è sembrato un enorme guazzabuglio. Poi ho letto quello che è stato riportato, e l'impressione non è cambiata. Mi è sembrato il solito salotto delle dichiarazioni, buono forse per i nostri giornalisti da caccia, ma poco per la Sinistra. No, non è di questo che vi stavo parlando.

E' che forse chi sta lassù è troppo abituato a vedere le cose "in prospettiva". Forse occorre un occhio più accurato, e qualche ora, qualche centinaio di ore in più da spendere.

Serve un occhio che noti la differenza tra i vecchi centri sociali duri e puri e le nuove realtà occupate che sono nate (il Cinema America, per fare un esempio). Che la noti non solo quando arriva lo sgombero, ma prima, quando si organizza un'arena gratuita per la gente del quartiere, quando si offre la cultura, la buona cultura, per pochi spiccioli.

Forse serve sentire la voce di un ragazzetto di periferia, che non ha mai letto Bauman o Gramsci, ma la sua idea se l'è fatta. Forse serve che questo ragazzetto parli con quella donna sulla settantina, indurita all'apparenza, forgiata nelle lotte politiche, quelle dure di una volta, che ti confessa tra le lacrime che quest'anno no, a questo Pd non vuole proprio essere iscritta. Forse il ragazzetto e la signora dovrebbero sedersi a parlare con quell'uomo lì, che contro mille avversità porta avanti, nel suo piccolo, un'associazione di promozione sociale, perchè la cultura è di tutti.

Ecco: l'uomo, la signora, il ragazzetto, e tutti gli altri e le altre. Se ci si riunisse così, allora i vostri appelli sarebbero pieni di voci. Non c'è una chiave magica per aprire lo scrigno delle meraviglie, non c'è una strada sicura, dovremo cadere sui nostri sbagli per imparare il gusto di rialzarci.

A voi che, istituzionalmente o solo idealmente, ci rappresentate chiedo quest'unico atto di responsabilità: fatevi da parte per spingere avanti noi. E' questo il momento, serve tutto il nostro coraggio. A sinistra si può andare solo insieme.

bimbo

 Foto di Vivian Maier

 

A cura di Andreas Iacarella