Ai Weiwei: Un artista che rifiuta l'orrore
Ai Weiwei sospende la sua mostra in Danimarca presso la Fondazione Faurschou e ritira le sue opere dal Museo Aros di Copenaghen, in segno di rifiuto dell'orribile decisione, razzista e taglieggiatrice, del governo danese di confiscare ai richiedenti asilo i beni superiori alle 10.000 corone, pari a 1340 euro, per sostenere le spese per il loro sostentamento. Tutto ricorda l'orrore nazista e fascista che sequestrava beni e vite di bambini, donne e uomini definiti “inferiori” per razza.
Venezia 2013, entro in una foresta dove si cammina da soli, in silenzio, tra lo stupore e la meditazione, una foresta di...sgabelli di legno... quella che l'artista Ai Weiwei ha creato per la 55. Esposizione Internazionale d’Arte, la Biennale, ne sono piacevolmente stupita, dopo ne scoprirò il senso. 886 sgabelli a tre gambe, realizzati a mano da artigiani cinesi, lo sgabello nella tradizione cinese era un elemento d'arredo presente in ogni casa e veniva lasciato in eredità con un senso beneaugurale e, anche se sembrano tutti uguali, essendo fatti a mano sono tutti diversi, il senso più profondo è proprio questa unicità, quella umana che Ai Weiwei evidenzia e, insieme ad essa, sottolinea la necessità del rapporto, gli sgabelli nell’installazione sono unici ma legati gli uni agli altri, per gli esseri umani potremmo dire che pur nella loro unicità sono sempre in rapporto gli uni con gli altri.
Nato a Pechino nel 1957, artista, architetto, designer, sa bene cosa significa essere costretto ad allontanarsi dal suo Paese d'origine perché perseguitato per le sue idee. Nel primo anniversario del terribile terremoto del 2008 che aveva causato migliaia di morti nel Sichuan, Weiwei ha denunciato lo scandalo degli edifici crollati durante il sisma a causa dei materiali scadenti usati per la costruzione pubblicando sul suo blog la lista dei nomi degli studenti morti sotto le macerie degli stabili scolastici. Nel 2009 sarà picchiato ferocemente dalla polizia durante una manifestazione e dopo un mese andrà in ospedale operato per un'emorragia cerebrale.
Nel 2010 è stato invitato alla Tate Modern di Londra, in quell'occasione ha creato l’opera Sunflower Seed: un tappeto di 100 milioni di semi di girasole in porcellana creati e dipinti a mano da 1600 artigiani del villaggio di Jingdezhen, metafora della fame del popolo cinese. Nel novembre 2010 è stato condannato agli arresti domiciliari per aver tentato di organizzare una festa di addio in segno di protesta contro la distruzione del suo studio a Shanghai, il 3 aprile 2011 Ai Weiwei è stato arrestato all’aeroporto di Pechino con l’accusa di crimini finanziari e detenuto in un luogo segreto per 81 giorni.
Ai Weiwei oggi vive tra Berlino e l'isola di Lesbo, in quest'ultima ha uno studio e non l'ha scelta a caso, si tratta di un luogo dove arrivano le persone che emigrano dall'Asia, dal Medio Oriente, in cerca di una possibilità di vita migliore, ma, purtroppo, le loro esigenze non riescono a prevalere e resta, sempre più forte, il mercato generato dai loro lunghi, difficili e tormentati viaggi. L'artista non tace, non fa finta di niente. Mi piace questa sua partecipazione, peccato che non sia ancora così contagiosa da creare un vero sommovimento globale e non solo nel mondo dell'arte.
Mi hanno colpito alcune risposte date all'intervista di Anna Wallace dell'8 feb. 2016 su Artsy Editorial:
D: Ti capita mai di preoccuparti che il “marchio” di Ai Weiwei diventi più grande di quanto tu possa controllare?
R: ...Credo che le persone corrano il pericolo di perdersi nella celebrità o cose simili solo se non sono solide nella definizione di chi sono. Quando si lascia che il mondo ti dica chi sei o si tenta di provarlo al mondo è lì che si perde la strada.
D: Che cos'è la libertà?
R: Per me la libertà è un veicolo che mi porta a condizioni sempre più difficili. Mi porta ad aree che non avrei mai neanche potuto immaginare e mette in discussione la mia esistenza.
A cura di Maria Teresa Tomaino